lunedì 31 gennaio 2011

Quale federalismo si sta realizzando? Quale è il ruolo dell’istruzione?

Osvaldo Roman

1) A che punto siamo con il federalismo in generale?

Tralasciando quello demaniale e quello su Roma Capitale due sono i decreti legislativi finora approvati o in via di definitiva approvazione: quello sulle spese di Comuni e Province (D.P.R. n. 216 del 26 novembre 2010) e quello sulle entrate comunali, il cosiddetto federalismo municipale, rinviato da Napolitano alle Camere. Il Decreto riguardante le entrate regionali e provinciali sta iniziando il suo iter parlamentare e dovrà concluderlo entro l’11 marzo 2011.
Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali delineato dalla legge delega n.42 del 2009 e dai decreti delegati che la stanno faticosamente attuando dovrebbe essere incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata, fondato sul criterio della spesa storica, e sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati fondata, almeno per quanto riguarda il finanziamento delle funzioni fondamentali, sull’individuazione dei fabbisogni standard. Tutto ciò dovrebbe realizzarsi nel rispetto dei principi costituzionali di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale.
La legge delega ha stabilito la struttura fondamentale delle entrate di regioni ed enti locali, ha definito i principi che dovrebbero regolare l’assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e ha delineato gli strumenti attraverso cui dovrebbe essere garantito il coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica. I Decreti legislativi delegati stanno tentando di realizzare tutto ciò con grandissime omissioni, contraddizioni e difficoltà.
Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega ha distinto le spese che investono i diritti fondamentali di cittadinanza (quali sanità, assistenza, istruzione) con i relativi livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali - per le quali si è prevista l’integrale copertura dei fabbisogni finanziari - rispetto alle spese affidate in misura maggiore al finanziamento con gli strumenti propri dell’autonomia tributaria, per le quali si prevede una perequazione delle capacità fiscali, tenuto conto dei diversi livelli di ricchezza dei territori.

2)I risultati finora conseguiti.

I decreti delegati approvati o in via di approvazione stanno indicando due fasi per la realizzazione del nuovo assetto della finanza locale, Per i Comuni dal 2011 al 2013 cessano gradualmente i trasferimenti statali e nello stesso periodo si dovrebbero definire i costi standard in base a cui consentire il superamento del principio del finanziamento della spesa storica
I medesimi trasferimenti cessano dal 2012 per le Regioni e le Province Nel 2014 si dovrebbe completare per tali enti la fase sperimentale e passare al finanziamento a regime basato essenzialmente su compartecipazioni o addizionali, all’IVA o all’IRPEF, che per tali enti ancora in corso di definizione.
Contemporaneamente in maniera analoga cessano anche i trasferimenti regionali ai Comuni e alle Province.
Nella seconda, fase dal 2014, ad esempio per i Comuni entrano in vigore le tasse locali ( tra le altre l’IMU sul possesso degli immobili che assorbe l’ICI e l’IRPEF su quelli non locati e la tassa sul trasferimento degli immobili che assorbe anche le tasse di registro, di bollo patrimoniali e di catasto ecc.)
Costi standard e abbandono della spesa storica sono gli obiettivi dichiarati di tale processo.
Ma se non si individuano tali costi standard, stante una tempistica molto velleitariamente delineata, cosa accadrà? Il rischio assai reale, anche per il modo burocratico e sostanzialmente elusivo con cui si sono indicate le procedure per la determinazione dei costi standard delle funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province e per la sostanziale rinuncia, in questa fase, di avviare l’individuazione di quelli riguardanti le funzioni delle Regioni, è quello che il tutto si riduca nei fatti ad un indefinito trascinamento del criterio della spesa storica gravemente impoverita dai tagli operati dal Governo ai trasferimenti di Regioni, Province e Comuni nel luglio 2010.
E’ utile al riguardo ricordare che l’art.14 della legge 122/2010 ha tagliato per il triennio 2011-2013 i trasferimenti statali alle Regioni, alle Province autonome di Trento e di Bolzano, alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti come di seguito indicato:
a) le regioni a statuto ordinario per 4.000 milioni di euro per
l'anno 2011 e per 4.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012;
b) le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano per 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012;
c) le province per 300 milioni di euro per l'anno 2011 e per 500
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012, attraverso la
riduzione di cui al comma 2;
d) i comuni per 1.500 milioni di euro per l'anno 2011 e 2.500
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012.
Tale articolo, integrando di fatto gli articoli 8 e 11 della legge delega n.42 stabiliva che dei tagli apportati ai trasferimenti non si sarebbe dovuto tenere conto in sede di stesura dei decreti delegati. Ciò di fatto non è avvenuto tranne che per un impegno assunto con le Regioni con l’accordo del 16 dicembre 2010 ancora peraltro non attuato.
Si tratta con ogni evidenza di una violazione della legge delega, essendo le modifiche apportate dall’art.14 suddetto una sua parte integrante, che pregiudicano la costituzionalità di tutto l’impianto dei decreti delegati.
La prima fase di tale federalismo è caratterizzata per Comuni e Province dall’impiego dei fondi sperimentali di riequilibrio. La seconda fase dai fondi perequativi e dall’avvio di una fiscalità autonoma per Comuni Province e Regioni.
In effetti nella prima, fase fino al 2013, per i Comuni prosegue un regime di trasferimenti mascherati, con la sola aggiunta dell’IVA, da devoluzioni di tasse e tributi destinati successivamente a confluire nella nuova tassazione comunale della proprietà immobiliare (nell’IMU o nella tassa sui trasferimenti immobiliari).
Per le Province la fase transitoria in cui avviene il taglio dei trasferimenti statali e regionali è garantita dai tributi propri connessi al trasporto su gomma dalla compartecipazione all’accisa sulla benzina o a quella sulla tassa automobilistica regionale.
A tutti livelli le tasse esistenti in genere permangono o come nel caso dei Comuni aumentano (tassa di scopo. tassa turistica e incremento dell’addizionale sull’IRPEF).
Non siamo più al rispetto automatico della spesa storica ma alla politica della questua, con il cappello in mano, da parte degli enti locali presso il potere centrale statale o regionale. Si ripropone quel modello di Stato autoritario e clientelare che il centro destra in questi due anni e mezzo ha tentato di realizzare in tutti i campi dalle banche alla scuola e all’università dall’editoria alla cultura e alla giustizia, dalla pubblica amministrazione all’informazione.
Spesso si è usata, per la politica dei tagli lineari e indiscriminati, la congiuntura offerta dalla crisi economica globale. In questa occasione la stessa crisi internazionale ha consentito l’introduzione dei drastici tagli ai trasferimenti e l’operare insidioso e concreto di una concezione governativa del federalismo che mira a trasformare tali tagli in un ridimensionamento permanente della spesa sociale e a perseguire il suo abbandono a carico delle risorse reperibili localmente o a carico dei contribuenti o dei fruitori dei servizi. Una politica che strategicamente mira in tutti i campi alla privatizzazione dei medesimi.

Il vero colpo allo stato sociale di Tremonti é questo. Infatti nei primi due anni, almeno per i Comuni e le Province, non c’è alcun recupero di questi tagli ai trasferimenti. La finanza locale inizia quindi il suo percorso verso il federalismo da un livello notevolmente più basso che sarà difficile recuperare specie nel Sud.
Ciò accade fra l’altro a causa delle modalità di interpretazione del ruolo da assegnare al funzionamento dei fondi di riequilibrio e di quelli perequativi.
Infatti mentre l’art.21 comma 1 lettera d) della legge delega (42/2009) stabilisce per la gestione dei fondi perequativi che la determinazione dei medesimi, per i Comuni e le Province, si deve realizzare in misura uguale, per ciascun livello di governo, alla differenza fra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti in luogo di tali trasferimenti, il comma 2 dell’art.1 del Dl.gvo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province.) stabilisce che, ai fini del finanziamento integrale, il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi.
Fino a nuova determinazione dei livelli essenziali in virtù della legge statale, sono livelli essenziali quelli già fissati in base alla legislazione.
Anche su questo fondamentale snodo il decreto legislativo non appare conforme alla delega .
Ciò in quanto i fondi perequativi di cui tratta la lettera d) sono quelli di cui all’art.13 della legge delega e sono determinati come differenza fra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti in luogo di tali trasferimenti.( se ne deduce che le maggiori entrate dovevano essere direttamente attribuite ai comuni e non solo virtualmente come avviene, almeno in larga parte, con il decreto sulla finanza comunale).

Il decreto delegato n. 216/2010 invece, riferendosi evidentemente a quello che nel successivo Decreto sulla spesa comunale viene indicato come fondo sperimentale di riequilibrio, stabilisce che “il complesso delle maggiori entrate devolute e dei fondi perequativi non può eccedere l'entità dei trasferimenti soppressi”. La relazione tecnica presentata il 27 gennaio 2010 quando la compartecipazione fiscale dei comuni riguardava il 2% dell’IRPEF(poi sostituita da un’equivalente compartecipazione all’IVA) per il 2011 assegnava a tale compartecipazione un gettito di 2.889 milioni su un totale di 11.243 milioni costituenti il totale delle entrate devolute o confluite nel fondo di equilibrio. Si tratta di una somma che equivale esattamente all’ammontare dei trasferimenti fiscalizzati calcolati al netto dei tagli di cui alla legge 122/2010 (DL. n.78).
Si tratta di un’operazione inaccettabile che è destinata a colpire tutto il sistema del welfare e specialmente il SUD e la scuola.
C’è da segnalare inoltre un ulteriore fonte di inadempienze e di gravi preoccupazioni perché oltre al taglio dei trasferimenti per le spese correnti ai Comuni e alle Province si verifica che finora non è stata trattata la materia della fiscalizzazione dei trasferimenti in conto capitale.
Come vedremo in tale ambito si colloca la questione del ruolo dell’edilizia scolastica nel processo del federalismo fiscale.
Per avere un’dea del rilievo che l’istruzione ha in questa materia si tenga presente che sulla questione dei fabbisogni standard di Province e Comuni è intervenuta anche la Relazione governativa sul finanziamento degli enti territoriali (Doc. XXVII, n. 22), la quale, fra gli allegati realizzati dalla COPAFF (Commissione tecnica per il federalismo fiscale) riporta, per la funzione dell’istruzione, oltre a quelle indicate per le Regioni, un’analisi delle spese correnti e in conto capitale delle amministrazioni comunali e provinciali relative alle funzioni fondamentali loro assegnate.

Da tale ricerca si ricava che. per l’anno 2008 la situazione della spesa per l’istruzione era la seguente:

SPESE COMUNI PROVINCE TOTALI
CORRENTI 5.041.365.319 1.844.819.753 6.886.185.072
CAPITALE 1.744.975.226 751.704.753 2.496.679.072
TOTALI 6.786.340.545 2,596.524.506 9.382.865.051

In tali spese sono comprese sia quelle sostenute facendo ricorso a risorse proprie e sia quelle oggetto di trasferimenti statali. Ne consegue che almeno una buona parte degli 11,243 miliardi di trasferimenti fiscalizzati per i comuni riguardano la scuola. Quindi i 3 miliardi di tagli operati sui medesimi, a causa della manovra Tremonti del luglio 2010, si faranno sentire decisamente in questo settore.

4) La situazione dell’istruzione nel processo di federalismo fiscale.

Il problema che si pone riguarda il fatto che per l’istruzione non sarà possibile sopprimere i trasferimenti alle Regioni che riguardano il Titolo V e il Decreto 112/98 e le eventuali competenze statali da trasferire (gestione del personale ad esempio o contributi alle scuole paritarie) per il semplice motivo che, come tali, non sono mai stati definiti normativamente ed economicamente enucleati ed inseriti in bilancio.
Ma non sarà possibile neppure dare luogo ad una effettiva fiscalizzazione di quelle spese che invece sono già inserite in bilancio come trasferimenti anche se in parte ancora da consolidare. Infatti tra le voci di trasferimenti per l’istruzione considerate ai fini del fondo unico dei trasferimenti si possono segnalare:
a)il sostegno all’istruzione per l’assegnazione di borse di studio (capitolo 3044 del MEF) pari a circa 155 milioni di euro; 117,3 nel 2010.(nella previsione 2011 sono allocati 33,1 milioni di euro - 84,2 milioni di euro in meno rispetto alla legge di assestamento 2010).
b) il fondo di intervento integrativo da ripartire tra le regioni per la concessione dei prestiti d'onore e per il diritto allo studio (cap. 1695 del MIUR) per 152 milioni di euro. ( il capitolo risulta nel 2011 portato a 25,7 milioni, con una riduzione di 74,00 milioni rispetto all’assestamento 2010).

Tra gli stanziamenti destinati a favore delle Regioni, allocati in capitoli per i quali dovrebbero essere assicurate modalità di finanziamento permanente per consentire la fiscalizzazione, si ritrovano:
 al Ministero dell'Interno il cap 7243 con la somma di 103.2990.998 (nel 2010) occorrente per garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiano l'obbligo scolastico in possesso dei requisiti richiesti, nonché alla fornitura di libri di testo da dare in comodato anche agli studenti della scuola secondaria superiore.(inizialmente soppresso nel bilancio di previsione 2011 e ripristinato solo parzialmente );
 al Ministero dell'istruzione università e ricerca (nel 2008) il cap. 7160 100.000.000 per le spese per l’attivazione dei piani di edilizia scolastica e per il completamento delle attività di messa in sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici.(non più presente nel bilancio di previsione 2011)
In definitiva su circa 44 miliardi di spesa per la missione dell’istruzione iscritti nel bilancio del MIUR, sono poco più di 500 i milioni, collocati prevalentemente negli stati di previsione di altri ministeri, destinati alla fiscalizzazione in base alle competenze trasferite e alle attuali corrispondenti postazioni finanziarie di bilancio.

La citata Relazione governativa ha invece ignorato il destino dei contributi destinati alla scuole paritarie, mai trasferiti alle regioni, nonostante si tratti di una competenza amministrativa loro assegnata già dal D.lgvo 112/98 (art.138, lett.-e).
A sconfessione di ogni proposito federalista restano inoltre nella Tabella 7, dello stato di previsione della spesa per il MIUR anche le spese per il funzionamento degli uffici scolastici regionali e di tutta l’amministrazione periferica della P.A che avrebbero dovuto essere trasferiti in attuazione del Titolo V come ripetutamente segnalato dalla Corte Costituzionale e come indicato dalla Conferenza Unificata.
Si tratta di destinazioni così ovvie e storicamente definite che perfino gli uffici del Miur, così restii a mollare pezzi di gestione amministrativa, si erano rassegnati a predisporne l’attuazione. Infatti nella Tabella 7 del Bilancio di previsione 2011 entrambe tali spese, che nel passato erano distribuite nei capitoli degli Uffici scolastici regionali, proprio per favorirne l’imminente trasferimento, erano stati accorpate per la prima volta in due capitoli centrali allocati presso le Direzioni Generali del Ministero di Viale Trastevere:
• uno con 222,3 milioni di euro inseriti nel nuovo programma per la Realizzazione degli indirizzi e delle politiche in ambito territoriale in materia di istruzione, destinato essenzialmente al pagamento degli stipendi del personale dell’Amministrazione periferica del Ministero;
• un’altro con 281 milioni, a cui si aggiungeranno altri 245 milioni ottenuti con il maxiemendamento del Governo, per i contributi alle scuole paritarie.
Con il federalismo fiscale di Calderoli tali risorse non vengono trasferite e resteranno nel bilancio dello Stato.
La Relazione della COPAFF del 30 giugno 2010 per quanto riguarda l’istruzione ignora i trasferimenti da realizzare per dare attuazione al Titolo V. E del resto non poteva fare altrimenti non essendo stati adottati almeno i DPCM previsti dall’art.7 della legge 131/2003.
Per quanto riguarda l’edilizia scolastica la Relazione del COPAFF indica come spesa statale da trasferire alle Regioni quei 100 milioni di euro che nel 2008 furono inseriti, per la prima volta almeno dal 1996, nel bilancio dl Ministero dell’Istruzione (50 nel 2007 e altri 100 nel 2009). Si trattava di uno stanziamento previsto dalla finanziaria Prodi nell’ambito del piano triennale 2007-2009 del patto per la sicurezza che prevedeva una compartecipazione paritetica alla spesa per i piani regionali delle Regioni e degli enti locali.
Ovviamente quando si dice “trasferire” una spesa nell’ottica del federalismo fiscale significa “sopprimerla” dal bilancio dello Stato e trasformarla in autonome entrate fiscali degli enti locali interessati per competenza. E’ attualmente oggetto di studio e di ricerche la quota di stanziamenti per l’edilizia scolastica da trasferire con riferimento al bilancio 2010
Ma oltre al problema delle risorse vi è un altro problema da risolvere:quello dei destinatari della fiscalizzazione. Infatti poiché l’edilizia scolastica è una funzione fondamentale dei Comuni e delle Province cosa potrà significare che la somma individuata dalla COPAFF riguarda un trasferimento, sia pur non stabilizzato, alle Regioni?
Sulla base della legislazione esistente, la competenza in materia è dei Comuni e delle Province essendo riservata alle Regioni solo quella legislativa e programmatoria. Va ricordato infatti che, in base alla legge n. 23 del 1996 (c.d. “Legge Masini”) le Regioni, relativamente all’ammortamento statale dei mutui, hanno redatto e approvato i piani regionali annuali e triennali con i quali si indicavano le Province e i Comuni destinatari dei mutui stessi. Tali piani potevano essere sostenuti con specifici finanziamenti regionali.
Il sistema di pianificazione previsto dalla legge 23 ha funzionato egregiamente per i primi due piani triennali .
Solo con l’entrata in campo del secondo governo Berlusconi esso è stato bruscamente interrotto.
Infatti, dopo il 2002, i mutui sono stati in genere sostituiti da finanziamenti diretti del Cipe o dei ministeri dell’Istruzione o delle Infrastrutture, distribuiti con una ripartizione di tipo regionale. L’ultimo piano straordinario del maggio 2010 (di 358,4 milioni nell’ambito dei mille prelevati dai FAS) prevede infine lo scavalcamento totale del ruolo programmatorio, assegnato dalla legge alle Regioni, con un’ assegnazione diretta dei finanziamenti agli enti locali da parte del Ministero delle Infrastrutture, tramite la sottoscrizione di apposite Convenzioni. Peraltro circa tali finanziamenti la relativa delibera del CIPE non indica certezze temporali fino al 2013 e oltre.
Di fatto però oggi i documenti governativi che accompagnano i Decreti sul federalismo fanno riferimento solo ai 100 milioni destinati alle Regioni nel 2008 e ripartiti fra Comuni e Province. I Decreti finora esaminati e le relative relazioni tecniche invece neppure ad essi fanno riferimento perché riguardano solo le spese correnti.
In virtù di quanto esposto, ci si deve chiedere:
• in base a quali criteri potranno essere definiti i livelli essenziali delle prestazioni in materia di edilizia scolastica?
• quale sarà la l’entità della spesa inizialmente fiscalizzata?
• quali i destinatari di questa fiscalizzazione: le Regioni (che a loro volta la fiscalizzeranno a favore dei Comuni e delle Province) o invece direttamente i Comuni e le Province proprietari degli immobili e obbligati alla loro fornitura e manutenzione?
Si tenga presente che la legge delega n.42/09 all’art.11, comma 1, stabilisce il principio del finanziamento integrale, secondo il fabbisogno standard, delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali come individuate dalla legislazione statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
Si consideri pure che per la funzione fondamentale dei Comuni e delle Province concernente l’Edilizia scolastica non si può pensare, come indica il Decreto legislativo n.216 del 26 novembre 2010, che la definizione dei relativi costi, che dovrà avvenire entro il 2011 con l’ individuazione dei fabbisogni standard, non modifichi il totale della spesa attualmente trasferita.
Tutto ciò non trova alcuna risposta nei Decreti in esame. Una volta individuata la spesa da trasferire, a decorrere dal 2012, non è pensabile che questa non possa essere integrata, per soddisfare i fabbisogni standard corrispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni, per la funzione dell’edilizia scolastica. Ne è immaginabile che si pensi di sfuggire a tale tipo di drammatica emergenza per il paese e quindi ad una delle fondamentali attese del nuovo federalismo ricorrendo ai diversivi del tipo dell’ SPA per la Scuola.

5) Osservazioni e proposte che riguardano le necessarie modifiche al Decreto legislativo sulle entrate di Regioni e Province

Nel parere della Conferenza Unificata del 16 dicembre 2010 fra le altre richieste di modifica allo Schema di decreto legislativo sull’autonomia di entrata delle Regioni e delle Province appare la seguente:

Si deve anche ricordare che nel Decreto legislativo sull’autonomia di entrata dei Comuni in corso di emanazione, all’art. 7 bis., comma 3, è previsto che “ In caso di trasferimento di ulteriori funzioni ai Comuni, ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è assicurato al complesso degli enti l'integrale finanziamento di tali funzioni, ove non si sia provveduto contestualmente al finanziamento e al trasferimento.

Inoltre l’art.7 della legge 131/2003 prevede al comma 2 una procedura accelerata per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti da conferire,

Infine si deve considerare che ’art. 8 della legge delega n.42/2009 ai commi 1-lettera i) e ai commi 2 e 3 prevede rispettivamente:

• “la definizione delle modalità per cui agli oneri delle funzioni amministrative eventualmente trasferite dallo Stato alle regioni, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, si provvede con adeguate forme di copertura finanziaria coerenti con i principi della presente legge e secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni”.

• “2. nelle forme in cui le singole regioni daranno seguito all'intesa Stato-Regioni sull'istruzione, al relativo finanziamento si provvede secondo quanto previsto dal presente articolo per le spese riconducibili al comma 1, lettera a), numero 1)”.

• “3. nelle spese di cui al comma 1, lettera a), numero 1), sono comprese quelle per la sanità, l'assistenza e, per quanto riguarda l'istruzione, le spese per lo svolgimento delle funzioni amministrative attribuite alle regioni dalle norme vigenti.”

Ai fini dell’individuazione di una proposta di modifica del testo di Decreto attualmente all’esame delle Camere e della Commissione Bicamerale si pongono una serie di problemi. Innanzitutto che tutte le formulazioni, direttamente la seconda e la terza, indirettamente la prima, attraverso il richiamo alla lettera i) del comma 1 dell’art.8 della legge 42/0, richiamano in vita l’art. 7 della legge 131/2003 che prevede la procedura ordinaria(legge) e accelerata(DPCM) per l’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative nel caso di “trasferimento delle occorrenti risorse, sulla base degli accordi con le Regioni e le autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata, diretti in particolare all’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti da conferire”
Tale procedura sempre in base al citato art.7 comma 2 è valida sino all’entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione. Tale scadenza deve intendersi riferita al mese di maggio 2011.
Inoltre, relativamente al merito delle tre suddette modifiche, si deve osservare che la prima di esse va bene per le funzioni amministrative delle Regioni che nel senso della sussidiarietà riguardino l’art.118 della Costituzione ma non riguarda le funzioni di cui all’art.117 per le quali le Regioni hanno competenza legislativa esclusiva o concorrente.

La seconda modifica e la terza, che riguardano ancora le Regioni, assicurano il finanziamento integrale di quelle funzioni di cui al comma 1, lettera a), numero 1) dell’art.8 della legge n.42.

Poiché in base all’accordo in Conferenza unificata l’art. 6 dovrà accogliere la modifica concordata in sede di Conferenza unificata sembra opportuno prevedere una modifica più ampia che comprenda anche il recepimento pieno della legge delega con riferimento ai commi 2 e 3 dell’art.8.
L’emendamento, che è utile segnalare, anche perché chi si dovrà assumere precise responsabilità nel caso che l’attuazione del federalismo dovesse continuare ad ignorare l’istruzione, potrebbe essere il seguente:
All’art. 6: dopo il comma 2 è inserito il comma 2 bis.

2-bis.In caso di trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni,in attuazione dell’art.118 della Costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio si provvede con adeguate forme di copertura finanziaria coerenti con i principi della presente legge e secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni. Analogamente si provvede:
a) al finanziamento relativo alle spese riconducibili al vincolo dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione nel caso del trasferimento individuato da un Intesa Stato-Regioni sull'istruzione;
b) per le spese relative allo svolgimento delle funzioni amministrative per l’istruzione attribuite alle Regioni dal D.lgvo 112/1998.

Per l’istruzione è finito il tempo del federalismo delle chiacchiere e nei prossimi mesi saranno chiare le responsabilità di quelle forze politiche che avessero ostacolato e rinviato a tempi migliori la piena attuazione del Titolo V della Costituzione secondo le indicazioni già concordate in sede di Conferenza unificata.
Le violazioni della legge delega sono assai serie e numerose, come quelle segnalate nel presente scritto, e sarebbe estremamente grave che vi si aggiungesse anche l’omissione riguardante il sistema di istruzione.